sabato 6 novembre 2010

Due storie a confronto

Il post di quest'oggi non è propriamente di argomento scientifico. O quasi. Leggendo infatti l'ultimo numero di Nature, alla sezione lavoro&carriere, apprendo che la Purdue University, nello stato dell'Indiana (Stati Uniti), si è vista riconoscere un finanziamento di circa 2 milioni di dollari erogato dal N.I.H. (l'analogo americano del nostro Istituto Superiore di Sanità). Lo scopo è di favorire l'accesso ai laboratori di ricerca da parte di persone su sedia a rotelle o con disabilità di vario tipo. Sembra infatti che da quelle parti si siano posti il problema di come realizzare idee scientificamente valide proposte da persone brillanti nel campo della ricerca biomedica, ma che non ne avevano avuto la possibilità in precedenza perché poco agibile risultava un moderno laboratorio di ricerca per gli ingombri di una carrozzina, o perché bisognosi dell'aiuto di qualcuno per poter usare la strumentazione scientifica. Ottima iniziativa dunque.
Qualche giorno dopo mi capita di leggere invece, su un noto quotidiano nazionale, della disavventura di un disabile milanese al quale si era bloccata la rampa di uscita dalla  metro e, per questo motivo, è dovuto rimanere letteralmente appeso in mezzo alla scalinata per circa un'ora e mezza, prima dell'arrivo dei vigili del fuoco che lo hanno potuto finalmente "liberare". Di là dal facile commento sulla presenza (o meno) delle barriere architettoniche sulle nostre strade, mi colpisce in particolare la diversa prospettiva: negli Stati Uniti infatti si sono posti il problema di rendere accessibili i laboratori di ricerca nelle università, mentre qui in Italia nessuno (o quasi) si è posto il problema di verificare se un montascale qualsiasi della metro di Milano funzionasse o meno. Questione di punti di vista insomma.

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