domenica 9 ottobre 2011

8 milioni di miliardi (circa)




Questo strabiliante numero è il risultato di una misura fatta lo scorso giugno presso l'Advanced Institute for Computational Science a Kobe, in Giappone, e rappresenta il numero massimo di operazioni in virgola mobile al secondo che un super-calcolatore (in questo caso il K Computer della Fujitsu)  sia mai stato in grado di raggiungere. Finora...
Per gli amanti dei numeri, la misura precisa di questa strabiliante prestazione è di 8.162 Pf (peta-flops), certificata dalla Top500, ed è stata ottenuta facendo girare un software dedicato che risolve un sistema di N equazioni lineari, con N molto grande...
Per avere un'idea di quanto fantastica sia questa potenza di calcolo basti pensare che i moderni personal computer sulle nostre scrivanie hanno una capacità di calcolo circa 1 milione di volte più piccola del K computer della Fujitsu. Ma come è stato possibile realizzare un calcolatore così potente? 
Questo risultato si ottiene stipando in maniera molto efficiente e compatta migliaia di processori (le CPU) all'interno di grossi armadi e collegando tutti questi nodi con un sistema di comunicazione tra i vari processori ad altissima efficienza. Ma non solo. 
Tale risultato è il frutto anche di una progettazione di nuovi modi per stipare tantissimi processori in uno spazio relativamente piccolo (si veda la foto sopra, presa dal sito dell'istituto che ospita il calcolatore) e con un consumo di energia relativamente basso. Infine c'è da notare che su questa macchina è stato installato il sistema operativo Linux, il modello di riferimento per quanto riguarda il software libero e a basso costo.
Il risultato di questa fantastica prestazione di calcolo potrà contribuire a sviluppi molto importanti dal punto di vista scientifico. Basti pensare, a titolo di esempio, al problema dell'avvolgimento delle proteine e alle simulazione della loro dinamica molecolare a scale di tempo prossime (ne avevamo parlato qui e qui). Ma soprattutto alle enormi potenzialità della genomica computazionale che ci consentirà di capire (fra le altre cose) il legame profondo tra l'attività dei nostri geni e l'insorgenza di malattie di portata globale come il morbo di Alzheimer. Ma anche lo studio delle cause di malattie rare come la Fibrosi Cistica e la Sindrome Laterale Amiotrofica (SLA) potranno portare a nuovi e insperati risultati sulla base delle simulazioni condotte su calcolatori sempre più potenti.

L'ultimo morso

One more thing:

Stay hungry. Stay foolish


lunedì 27 giugno 2011

Nato in questo modo

Whether life's disabilities
Left you outcast, bullied or teased
Rejoice and love yourself today
'Cause baby, you were born this way
No matter gay, straight or bi
Lesbian, transgendered life
I'm on the right track, baby
I was born to survive
No matter black, white or beige
Chola or orient made
I'm on the right track, baby
I was born to be brave
I'm beautiful in my way
'Cause God makes no mistakes
I'm on the right track, baby
I was born this way

Stefani Joanne Angelina Germanotta
a.k.a Lady Gaga

domenica 8 maggio 2011

Scienza fai da te

Alla fine l'ho fatto! E' stata una cosa quasi inevitabile. Ho cercato di resistere finché ho potuto, ma ogni resistenza è stata futile... In verità è stato più facile di quanto pensassi. Insomma: mi sono creato un account su Facebook! L'attrazione per una comunità di quasi 600 milioni di persone (la terza nazione al mondo, dopo Cina e India) è stata più forte e il fascino ha prevalso sulla diffidenza. Io per la verità sono sempre stato uno fedele a Twitter, che tuttora considero un buon sito e anche geniale per certi versi. In pratica Facebook non era molto nei miei programmi, ma ho voluto tentare lo stesso, anche per diffondere meglio in rete queste mie divagazioni...
Le prime impressioni sono state comunque positive: è un buon prodotto, non c'è che dire, con la possibilità di creare pagine proprie, gruppi di discussione tutti nostri. Inoltre si possono  condividere links, foto, eventi, ed anche i propri tweets! Tutto molto bello. Però...
Dopo circa un mese di navigazione comincio a sperimentare tutto ciò di negativo di cui avevo sentito parlare e del quale sospettavo già di mio. A cominciare dalla quasi totale assenza di privacy, che per la verità non è il male estremo: insomma uno su Facebook ci va proprio perché vuole condividere, e di conseguenza il privato è un optional. Inoltre si può sempre scegliere cosa condividere e con chi. Molto bello...
Poi un giorno leggo questo articolo e i miei dubbi trovano una inquietante conferma! Viene riportato il caso di un medico di Ferrara, che asserisce di avere trovato una cura per la sclerosi multipla, la nota e grave malattia auto-immune. E di questa scoperta ha fatto anche una pagina su Facebook molto seguita, con numerosi contatti che chiedono informazioni per ottenerne la cura medica. Il fatto viene anche riportato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, che lo assume ad esempio di come il fenomeno dei social networks influisca sulle scelte di consumo e di indirizzo da parte della società civile. 
Ci sono due aspetti che maggiormente mi colpiscono in tutta questa vicenda.
Il primo riguarda il pericolo derivante dalla diffusione di una notizia che, potenzialmente, potrebbe avere un'impatto notevolissimo sulla qualità della vita di moltissime persone, spesso in stato invalidante. Va detto anche che non mi aspetto che la notizia sia falsa a priori, anche se leggendo i fondamenti scientifici della scoperta ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli... Da questo punto di vista mi sembra evidente che Facebook non riesce a distinguere una potenziale conquista scientifica da una boiata pazzesca. E questo non è bello...
L'altro aspetto è invece più tecnico se volete, più legato al modo in cui il sapere scientifico viene acquisito e scrupolosamente verificato. Il progresso scientifico passa inevitabilmente attraverso un processo di continua verifica e vaglio dei dati ottenuti tramite esperimenti che confermano o confutano ipotesi e modelli matematici proposti (ne avevamo parlato anche qui e qui). Solo in questo modo possiamo essere sicuri dell'avanzamento del sapere scientifico. Qualsiasi altro mezzo di avanzamento, compreso quello di diffondere dati nei social media per ottenere consensi e credito presso il grande pubblico è destinato a fallire nel lungo termine.
Almeno questo è quello che spero...

venerdì 22 aprile 2011

Diritto al lavoro: dove siamo?


Una bella performance di Ale e Franz, una delle mie coppie comiche preferite di sempre! Questa volta è per una causa particolarmente importante. Che condivido. Ovviamente...

sabato 2 aprile 2011

Evoluzionismo vs. Creazionismo

Cinque anni fa a Dover, negli Stati Uniti, 11 genitori hanno fatto causa contro la scuola pubblica locale perché volevano che i loro valori religiosi venissero validati all'interno del curriculum scientifico dei loro figli. I giudici del tribunale competente, ad Harrisburg (PE), conclusero che il disegno intelligente non era scienza, piuttosto un tentativo per introdurre un punto di vista religioso attraverso le scuole pubbliche. I genitori persero dunque la causa. 
Un paio di mesi fa, la rivista scientifica Science pubblica uno studio che fa il punto della situazione sull'insegnamento della biologia (ed in particolare della teoria dell'evoluzione) all'interno del sistema di istruzione superiore americano. Basandosi su un campione di 926 professori di scienze (biologia e fisica principalmente) si ottiene un quadro d'insieme a dir poco allarmante. Il 13% del campione afferma di insegnare esplicitamente il creazionismo o disegno intelligente spendendo almeno 1 ora dell'orario settimanale presentandolo in una luce positiva. La percentuale invece di insegnanti che insegnano biologia evoluzionistica secondo l'approccio puramente scientifico (attraverso la teoria dell'evoluzione di Darwin) si attesta intorno al 28% degli intervistati. Nel mezzo, rimane un 60% di insegnanti che si definiscono "cauti", ovvero che non si sbilanciano né a favore delle teorie creazioniste ma neanche accolgono la teoria dell'evoluzione per selezione naturale come spiegazione ufficiale della biodiversità.
Di là dai numeri snocciolati dall'inchiesta, che di per sé sono già sufficienti a suscitare allarme, la cosa che mi preme sottolineare è l'atteggiamento di fondo adottato da parte del sistema scolastico americano (in questo caso specifico) nei confronti del metodo scientifico applicato all'origine dell'uomo. Il problema sta nel contrapporre la teoria dell'evoluzione per selezione naturale ad altri modelli che di scientifico hanno molto poco. L'aspetto più preoccupante sta soprattutto nell'atteggiamento tenuto da operatori del settore, in questo caso insegnanti laureati, i quali per primi nutrono dubbi sul fatto che il genere umano discenda da un progenitore in comune con gli attuali scimpanzé. 
La visione scientifica della realtà si fonda sulla costruzione di modelli matematici e/o teorici che descrivono fenomeni naturali studiati sperimentalmente: in soldoni, si fa un'ipotesi, si costruisce un modello che la descrive (un'equazione matematica) e si fanno predizioni su osservazioni che dovranno essere verificate sperimentalmente, le quali potranno confermare o smentire l'ipotesi formulata.
Ecco, l'evoluzione per selezione naturale, come molte altre teorie scientifiche, si basa su questo. Il creazionismo, al contrario, è un modello che si fonda su una sola ipotesi (Dio) e deriva la nascita della biodiversità dall'intervento di forze sovrannaturali. Se si vuole, la si può adottare come teoria scientifica ma bisogna ricordarsi che difetta in un aspetto fondamentale (ne avevamo parlato qui): la sua falsificabilità.

venerdì 1 aprile 2011

Elevazione


Spesso mi si chiede, e mi chiedo, a cosa serve la scienza. Per quale motivo cerchiamo di indagare e descrivere il mondo che ci circonda? Per quali scopi studiamo la natura e ci adoperiamo in tutti i modi per scovarne le regolarità che la caratterizzano?
Beh, per molti la risposta può apparire scontata: l'umana innata curiosità di carpire i segreti di quel complicato meccanismo che è la natura. Per migliorarci e per elevare lo sguardo di là dai nostri principali bisogni.
Poi, pensandoci meglio, filmati come questo aiutano a dare risposte che valgono più di molti argomenti.

martedì 11 gennaio 2011

Psicologia e metodo scientifico

Prendo spunto da un articolo pubblicato la scorsa settimana sul New York Times e che riaccende un vecchio dibattito sul rapporto tra scienza e psicologia. In esso viene commentato uno studio scientifico apparso su una importante rivista specializzata, e quindi soggetto alla procedura del peer-reviewing (ovvero la verifica dei risultati riportati tramite la lettura critica da parte di soggetti terzi).
Il manoscritto, pubblicato sul The Journal of Personality and Social Psychology, descrive uno studio fatto presso la Cornell University di New York secondo il quale è stata osservata la capacità, all'interno di un campione di studenti, di prevedere in maniera precisa l'esito di eventi casuali. Vengono riportati alcuni esperimenti eseguiti a sostegno di tale conclusione, come ad esempio percepire la presenza di una certa immagine sulla parte destra o sinistra di uno schermo televisivo nascosto alla visuale. Le argomentazioni fornite nell'articolo si basano in parte, secondo gli autori, su tecniche di memorizzazione e catalogazione di alcune parole chiave, che aiuterebbero i soggetti coinvolti nello studio a sviluppare capacità extra-sensoriali. Sembrerebbe dunque un risultato importante e che pone in rilievo alcuni aspetti della nostra psiche molto affascinanti, e allo stesso tempo inattesi. Peccato però, che, a detta del Times, nessun altro laboratorio è stato in grado di ripetere l'esperimento con gli stessi risultati. Lascio al lettore la curiosità di leggere il lavoro originale (che potete scaricare qui) per trarre ognuno le proprie conclusioni. Mi limito qui a fare due considerazioni.
La prima riguarda un problema di fondo: in che misura è possibile applicare il metodo rigoroso dell'indagine scientifica nell'ambito della psicologia? In altri termini: è corretto considerare quest'ultima come una scienza esatta? Il dibattito è ovviamente aperto e ricco di spunti di riflessione. Il mio personale punto di vista è il seguente: un risultato o una teoria scientifica, per considerarsi tale, deve rispondere a due requisiti fondamentali: riproducibilità e falsificabilità (concetti peraltro magistralmente espressi qui). In altri termini: se solo io sono in grado di osservare certe cose e nessun altro, messo nelle stesse condizioni, riesce a ottenere gli stessi risultati, è molto probabile che sto commettendo un errore di osservazione (o di metodo, è ininfluente ai fini del discorso).
Il secondo aspetto che vorrei sottoporvi all'attenzione è più pratico. Il progresso dei risultati scientifici si basa, come accennato all'inizio, anche sulla procedura cosiddetta del peer-reviewing: i dati pubblicati vengono sottoposti al vaglio di uno o più esperti del settore, che analizzano la procedura svolta, i risultati ottenuti e le conclusioni riportate dagli autori dell'articolo. Questo è allo stato dei fatti l'unico metodo pratico per poter verificare l'accuratezza dell'indagine scientifica e la validità delle conclusioni proposte. Con un unico inconveniente però: se l'arbitro (colui che controlla i dati) non riesce a cogliere potenziali errori della metodologia usata dagli autori si corre il rischio che vengano pubblicati dati non rigorosi da un punto di vista matematico. E di conseguenza si rallenta il cammino della scienza. Ciò non deve spaventare comunque: sono casi rari e quasi sempre corretti o superati da altri articoli che confermano o smentiscono i risultati precedenti. E' la caratteristica stessa del processo di reviewing. 
In conclusione: l'articolo sulle capacità extra-sensoriali di alcuni studenti della Cornell University sta suscitando ampio dibattito negli ambienti, proprio per la mancanza di uno dei requisiti fondamentali dell'indagine scientifica, ovvero la riproducibilità dei risultati. Rimane tuttora da verificare se tali requisiti siano effettivamente proprietà intrinseca delle "scienze psicologiche" oppure no.