martedì 14 dicembre 2010

Citazione

In una lettera1 al filosofo inglese Herbert Samuel, Albert Einstein scrisse che la realtà fisica è percepita dai nostri organi di senso ed è filtrata dal nostro intelletto. A proposito del tavolo che si trovava nella sua stanza, suggerì che fosse "puramente e semplicemente un complesso di sensazioni" alle quali assegnava un concetto ed un nome:
C'è il pericolo di essere fuorviati dall'illusione che la realtà della nostra esperienza quotidiana esista realmente e che certi concetti della fisica siano pure idee separate dalla realtà [...] Di fatto, presupporre una "realtà" esistente indipendentemente dalle mie sensazioni è il risultato di una costruzione intellettuale. Avviene che abbiamo più fiducia in queste costruzioni che nell'interpretazioni sviluppate dai dati sensoriali.

1. Herbert L. Samuel, Essay in Physics, Harcount Brace & Company, New York, 1950, p. 158

domenica 5 dicembre 2010

L'evoluzione a singhiozzo

Prendo spunto da un articolo apparso qualche giorno fa sullo Smithsonian e che descrive alcune delle cose che gli esseri umani hanno ereditato dai loro antenati nel corso del lungo cammino evolutivo dai primi vertebrati fino a noi. L'idea di fondo che volevo condividere con il lettore è che l'evoluzione delle specie per selezione naturale non ha una direzione ben precisa (non ce l'ha affatto). Di conseguenza può succedere che un organismo si ritrovi a vivere nel suo ambiente naturale con organi accessori che sembrano non aver alcun vantaggio per l'obiettivo principale del singolo individuo, ovvero la trasmissione dei propri geni alla generazione successiva.
La lista di cose che abbiamo ereditato dai nostri predecessori va dai mitocondri ai peli corporei, passando per il mal di schiena, che deriva principalmente dalla conquista della posizione eretta dei primi ominidi. Tra le cose che l'evoluzione ci ha lasciato in eredità, una in particolare ha catturato la mia attenzione per la sua singolarità e curiosità.
Capita infatti a tutti noi di avere il singhiozzo: ad esempio dopo aver inghiottito in fretta un boccone troppo grosso (a me succede di frequente...). Esso è dovuto all'azione involontaria di alcune fasce muscolari che agiscono su un' escrescenza della nostra laringe (l'epiglottide) che sta all'imbocco della trachea la cui funzione fondamentale, per le prime specie animali acquatiche che cominciavano a popolare la terraferma (gli anfibi), era di separare le vie respiratorie aeree (i polmoni) dalle quelle che portavano acqua alle branchie. Ciò dava loro un forte vantaggio evolutivo: infatti potevano in tal modo respirare alternativamente con le branchie o con i polmoni, a seconda dell'ambiente in cui si trovavano.
Oggi, noi della specie homo sapiens respiriamo aria e non abbiamo più bisogno dell'azione controllata di muscoli che aprono e chiudono alternativamente le vie di accesso ai nostri polmoni per evitare che ci entri dell'acqua. Abbiamo però ereditato e conservato l'azione involontaria di questo fascio di muscoli dai nostri progenitori, e che non riusciamo a controllare perché attivati da un'area del nostro cervello che si è evoluta milioni di anni prima della nascita della corteccia cerebrale, la quale presiede alle funzioni coscienti e volontarie. 
Sembra dunque che l'unica funzione apparente del singhiozzo sia quella di farci sentire in imbarazzo durante una cena con gli amici per qualche sua rumorosa manifestazione... Salute! 

sabato 20 novembre 2010

Viaggio nell'infinitamente piccolo (o quasi)




Il video che vedete sopra illustra la vita e l'organizzazione interna di un mitocondrio, un organello cellulare dalla funzione importantissima (ne avevamo già parlato qui). Il filmato, realizzato da un gruppo di ricercatori nel laboratorio di biologia computazionale Biovisions ad Harvard (e realizzato in collaborazione con il sito specializzato XVIVO), è molto affascinante perché cerca di descrivere quello che succede all'interno delle nostre cellule se potessimo rimpicciolirci fino a raggiungere le dimensioni dell'ordine del miliardesimo di metro (nanometro). A queste dimensioni potremmo vedere come le proteine interagiscono le une con le altre e come i vari composti chimici si combinano con i complessi macro-molecolari che affollano quel groviglio che è la nostra cellula. Il filmato è in verità frutto di una simulazione al calcolatore basata solo in minima parte su dati biochimici e su informazioni relative alla struttura delle proteine, dando molto spazio alla fantasia: il grosso viene fatto infatti servendosi di calcolatori molto potenti e usando complessi motori grafici di rendering per la rappresentazione della forme tridimensionali delle proteine e delle varie componenti cellulari. Va sottolineato inoltre che molta dell'informazione scientifica racchiusa nel filmato è pura immaginazione: le scale di tempo che vengono rappresentate sono di là dalla potenza attuale dei calcolatori a disposizione dei biologi computazionali, e di conseguenza le proteine e i vari componenti cellulari non possono essere simulati in modo così dettagliato come mostrato nel filmato. Il limite imposto dagli attuali calcolatori (ne avevamo parlato qui) impedisce infatti per ora di indagare l'infinitamente piccolo in maniera così diretta e con tale dovizia di particolari. Rimane comunque un buon esercizio didattico e senz'altro utile come strumento di supporto per la formulazione di ipotesi e modelli biologici della dinamica cellulare.
Vi invito dunque a fare una salto su YouTube e dare un'occhiata ai vari video prodotti. Tra i molti a disposizione, mi ha colpito anche particolarmente quello postato qui sotto.

sabato 6 novembre 2010

Due storie a confronto

Il post di quest'oggi non è propriamente di argomento scientifico. O quasi. Leggendo infatti l'ultimo numero di Nature, alla sezione lavoro&carriere, apprendo che la Purdue University, nello stato dell'Indiana (Stati Uniti), si è vista riconoscere un finanziamento di circa 2 milioni di dollari erogato dal N.I.H. (l'analogo americano del nostro Istituto Superiore di Sanità). Lo scopo è di favorire l'accesso ai laboratori di ricerca da parte di persone su sedia a rotelle o con disabilità di vario tipo. Sembra infatti che da quelle parti si siano posti il problema di come realizzare idee scientificamente valide proposte da persone brillanti nel campo della ricerca biomedica, ma che non ne avevano avuto la possibilità in precedenza perché poco agibile risultava un moderno laboratorio di ricerca per gli ingombri di una carrozzina, o perché bisognosi dell'aiuto di qualcuno per poter usare la strumentazione scientifica. Ottima iniziativa dunque.
Qualche giorno dopo mi capita di leggere invece, su un noto quotidiano nazionale, della disavventura di un disabile milanese al quale si era bloccata la rampa di uscita dalla  metro e, per questo motivo, è dovuto rimanere letteralmente appeso in mezzo alla scalinata per circa un'ora e mezza, prima dell'arrivo dei vigili del fuoco che lo hanno potuto finalmente "liberare". Di là dal facile commento sulla presenza (o meno) delle barriere architettoniche sulle nostre strade, mi colpisce in particolare la diversa prospettiva: negli Stati Uniti infatti si sono posti il problema di rendere accessibili i laboratori di ricerca nelle università, mentre qui in Italia nessuno (o quasi) si è posto il problema di verificare se un montascale qualsiasi della metro di Milano funzionasse o meno. Questione di punti di vista insomma.

mercoledì 3 novembre 2010

Breve storia di un organello cellulare


Alcuni ricercatori dello University College di Londra hanno pubblicato un articolo sulla prestigiosa rivista Nature che riapre un vecchio dibattito sulla funzione dei mitocondri nel meccanismo che segnò il passaggio dalla vita mono-cellulare degli organismi procarioti (gli archeo-batteri e le alghe primordiali) alla vita multi-cellulare degli eucarioti (le piante e gli animali come li conosciamo oggi). Per chi è a digiuno di biologia cellulare, va ricordato che le cellule animali e vegetali che oggi osserviamo in natura consistono di proteine e cromosomi e una miriade di altri composti chimici immersi in una soluzione acquosa delimitata da una membrana di natura lipidica. Per il suo sostentamento la cellula si serve di strutture altamente specializzate (gli organelli cellulari) che eseguono compiti molto specifici. I mitocondri sono un esempio di queste strutture cellulari specializzate, la cui funzione è di generare energia per la cellula sotto forma di un composto chimico preciso: la molecola di ATP.  Beh, lo studio pubblicato è molto affascinante perché l'ipotesi avanzata da N. Lane e W. Martin ridefinisce sotto certi aspetti il ruolo avuto da questi organelli nell'evoluzione cellulare, e in ultima analisi nell'evoluzione animale in genere. La domanda che si sono posti è la seguente:  in che modo e per quali meccanismi la vita monocellulare procariota si è evoluta in organismi eucarioti pluri-cellulari? In verità il discorso è più articolato, avendo a che fare con la crescente complessità del genoma nel passaggio procarioti =>eucarioti e il conseguente costo energetico per la sintesi delle nuove proteine che tale aumento di geni ha comportato. Conti alla mano, i risultati dimostrano che il numero di Watt per grammo prodotto dai procarioti è insufficiente per sostenere la sintesi proteica, mentre negli eucarioti tale quantità risulta adeguata proprio grazie alla presenza dei mitocondri. Ma come si sono formati questi organelli? Un'ipotesi affascinante, peraltro ben nota ai biologi da qualche tempo, prevede che essi erano proto-batteri che sono stati inglobati dalle prime cellule eucariote tramite fagocitosi  e che tale endosimbiosi si è rivelata vantaggiosa del punto di vista evolutivo: infatti i mitocondri hanno un loro corredo di cromosomi e geni che ha consentito loro di produrre le proteine necessarie alla produzione di ATP (il carburante delle cellule stesse) e quindi energia a buon mercato. Gli autori stessi concludono: 
The transition to complex life on Earth was a unique event that hinged on a bioenergetic jump afforded by spatially combinatorial relations between two cells and two genomes (endosymbiosis), rather than natural selection acting on mutations accumulated gradually among physically isolated prokaryotic individuals. Given the energetic nature of these arguments, the same is likely to be true of any complex life elsewhere. (Nature, 2010, doi:10.1038/nature09486)

lunedì 25 ottobre 2010

Cinema molecolare



Ho messo questo breve video su YouTube. E' un piccolo esempio di una simulazione di dinamica molecolare (una tecnica basata sulle equazioni del moto formulate da Isaac Newton) applicata a molecole biologiche. In questo caso ciò che vedete è una proteina di membrana (nello specifico, un canale al potassio voltaggio-dipendente, rappresentato in rosa), immersa in un modello di membrana cellulare (colorato in turchese). Il significato scientifico di questo tipo di approccio sta nel fatto che questa rappresentazione della struttura e della dinamica della proteina ci consente di capirne meglio la sua funzione biologica. E di conseguenza possiamo capire come progettare dei farmaci specifici in grado di modificarne la funzione, nei casi in qui questa risulti alterata a causa di mutazioni genetiche congenite. Va da sé che migliorando l'affidabilità di questi modelli al calcolatore ne risulta anche una migliore comprensione da parte dei ricercatori dei modelli biologici che stanno alla base delle malattie più comuni. Il filmato che vedete è stato realizzato usando i super-calcolatori del centro di calcolo CASPUR.

sabato 23 ottobre 2010

L'importanza di un millisecondo

Si sta facendo un gran parlare, negli ambienti scientifici, di un piccolo risultato raggiunto recentemente da un gruppo di ricercatori della Columbia University di New York. Un risultato che, in termini assoluti, sembra molto piccolo: un millisecondo. E' questo infatti il limite temporale che sono riusciti a raggiungere gli studiosi americani simulando al calcolatore la traiettoria di una proteina in una soluzione acquosa. Per i non addetti ai lavori, simulare la traiettoria di una proteina (la sua dinamica molecolare) è un mezzo per capire come i suoi atomi si muovono nello spazio e nel tempo. Tutto ciò nel tentativo di studiarne il meccanismo di azione, ovvero la sua funzione biologica. Beh, tutto ciò ha a che fare con il nostro tentativo di comprendere il perché ci ammaliamo e l'origine genetica di molte gravi malattie. Oltre ad avere ovviamente un interesse puramente scientifico.
Per chi possiede un personal computer simulare una proteina potrebbe apparire come una cosa relativamente facile. Ma è lungi dall'essere così. Ogni anno infatti, nei vari laboratori di biologia computazionale nel mondo, vengono spesi milioni di dollari per dotarsi di super-calcolatori ad alte prestazioni (con capacità di calcolo che superano anche le migliaia di miliardi di operazioni in virgola mobile al secondo). Proprio sfruttando la potenza messa a disposizione di questi potenti super-computers è possibile oggi descrivere con sufficiente accuratezza (a livello di dettaglio atomico) il moto di molecole biologiche (quali le proteine) su scale di tempo relativamente lunghe. A onor del vero, c'è da dire che siamo ancora lontani da una comprensione esauriente della dinamica delle proteine: la gran parte di esse infatti si muove su scale di tempo più lunghe (da 1000 a 10000 volte più lunghe), quindi ancora inaccessibili ai moderni calcolatori. Ma quella piccola frazione di moto che i ricercatori americani sono riusciti a catturare rappresenta un passo significativo verso la nostra comprensione del rapporto struttura/funzione delle proteine. Per i curiosi, e per chi mastica l'inglese, potete leggervi il lavoro qui.

lunedì 18 ottobre 2010

Un nuovo inizio

Salve a tutti. Il Blog di Andrew Sullivan compie 10 anni (se volete lo potete leggere qui) e, spinto da questa notizia che ho appena appreso, mi sono deciso di cominciare anche io a tenerne uno. In verità questo blog è nato già qualche anno fa, ma solo di recente mi sono pian piano deciso a metterci anche dei post e oggi finalmente ne potete vedere uno. Beh, non è granché come primo post, ma penso che in seguito capirò meglio anche io che forma dare a questo diario di viaggio. Per quanto riguarda il contenuto, beh, la cosa che mi piacerebbe questo blog diventasse è una serie di appunti sparsi qua e là. Una serie di pensieri messi lì alla rinfusa, senza un ordine preciso né uno scopo prefissato. Di sicuro noterete la mia naturale predisposizione a scrivere di argomenti di tipo scientifico (rimango un biologo dopotutto). Ma vorrei anche parlarvi di cose non legate strettamente alla scienza, che riguardano la nostra naturale tendenza a classificare le persone e i loro comportamenti secondo categorie prefissate. Tutto ciò nella speranza di poter crescere insieme e cercare di migliorare il mondo che ci circonda, oltre a noi stessi.